Terza giornata dedicata a "Zi prete" a spasso sulle sue Mainarde

...la Metuccia, monte a Mare, la Costa dell'Altare e il Cappello del Prete...

La terza edizione della giornata in montagna dedicata a Zi Prete, al secolo Padre Rosin,è stata tribolata e sofferta. Occorre dare a Diego il merito di aver mediato fino all’impossibile per assicurare la presenza massiccia della maggior parte del gruppo Aria Sottile. Gli accordi sulla data sono stati complicati; ogni week end qualcuno del gruppo aveva un impegno ed alla fine si è slitatti di un mese sul periodo consueto. L’esito positivo della giornata bisogna dire che ha di nuovo dato ragione agli accadimenti visti i disastrosi week end, dal punto di vista meteorologico, che si sono succeduti per tutto il mese di Maggio. Anche questa uscita si presentava compromessa per la probabilissima presenza di temporali pomeridiani previsti su tutto il territorio delle Mainarde, ma l’impossibilità di andare oltre con la data ci ha fatto desistere dal cercare a tutti i costi la giornata perfetta. Diego , Massimiliano, Giorgio, Luca, Alessandro ed Elena e Padre Giovanni, un amico di Diego oltre naturalmente al sottoscritto erano i componenti della cordata. Dopo la presentazione iniziale della giornata nel piazzale del Baraccone che Diego ha portato a termine col suo consueto impaccio nonostante il grande impegno profuso nell’organizzazione, alle 7 e 20 con i favori di un cielo libero dalle paventate nubi si è iniziato il tour e si è attraversato tutto Prati di Mezzo fin sotto le Coste dell’Asino; Padre Giovanni, profondo conoscitore delle montagne della zona ha stravolto un po’ i piani del percorso studiati da Diego ed ha preso a guidare il gruppo fin dalle prime batture. Risalito, sulla destra e alla fine del piano, un magnifico bosco di faggi sfolgoranti di un verde nuovo che aggirava gli orribili disboscamenti delle inutilissime piste da sci del comune di Picinisco, siamo entrati nell’immenso altipiano che porta al diretto cospetto del Forcellone e più dietro del Cavallo. In questo caso è bello ritorare sul “luogo del delitto”; il Forcellone ed il Cavallo sono due montagne che ogni volta che le vedi ti danno quel qualcosa in più che lentamente ti fa innamorare. Verso est invece una serie di gobbe pietrose che si susseguivano facevano intuire la cresta che sarebbe stata il nostro obiettivo. La prima sosta di riflessione Diego l’ha organizzata proprio all’ingresso del piano, dove lo sguardo si allontana e viene condotto sulla forcella sotto il Cavallo. Quindici minuti di letture sacre e di memorie di Padre Rosin che Diego ha portato avanti da solo senza interventi di alcuno. Stentava a prendere corpo la giornata spirituale. Ripartiti a piccoli gruppi seguendo Padre Giovanni che con la sua andatura mani in tasca macinava con una costanza incredibile chilometri come fossero noccioline, ci siamo inoltrati tra il susseguirsi di gobbe rocciose sempre più alte. Lentamente ma costantemente salivamo di quota e quasi senza accorgercene e senza accusare sforzo siamo arrivati ai 2000. Ormai il terreno era innevato in maniera costante e su di una gobba battuta da un vento gelido e spoglia da neve Diego ha scelto il luogo della seconda sosta. Forse la fede non farà sentire il freddo, e per ciò che mi riguarda non ho confidenza con la stessa, sta di fatto che in questa occasione non ho fatto altro che ricoprirmi con indumenti sopra indumenti e a nulla è servito; ho sentito il rumore delle mie ginoccia tanto tremavano. In quella condizione, ovviamente, lo spunto al dibattito andò più deserto del precedente. Nonostante tutto, anche per mangiare siamo rimasti per un tempo lungo a prendere le sferzate del vento e dopo una trentina di minuti ho colto con immenso piacere la ripresa del percorso. Ancora promontori di poco conto che si succedevano uno sull’altro e che annunciavano le quote di cresta più alte fino ad imboccare un traverso che conduce al cospetto di una che sembra essere svettante rispetto a tutte le altre intorno. Nessuno sa dire quale vetta sia, ipotizziamo la Metuccia, ma a Luca le supposizioni non interessano. Come sempre quando vede una conformazione che sopra non ha altro che il cielo accelera deciso ed abbandona il gruppo. In un attimo è un puntino rosso lontano; nel secondo attimo è già in cima a godersi lo spettacolo dell’altro versante. Lo raggiungo dopo pochi minuti e alla spicciolata tutti gli altri.Sono le 10 e 20. Scopriamo, perché qualcuno lo ha scritto sulla roccia che si tratta di Monte a Mare, la più alta e la seconda delle vette che avevamo previsto di toccare nella giornata. Qualcuno non si fida e ci affidiamo alla carta la quale conferma la scritta sommitale. Ci siamo tenuti troppo a sud ed ora per completare il progetto e toccare la Metuccia dobbiamo prima procedere a Nord per poi tornare ancora sui nostri passi per proseguire verso Sud per raggiungere le Coste dell’Altare e il Cappello del Prete. Questo destabilizza il gruppo e soprattutto Giorgio, che reduce da una febbre da cavallo fino al giorno precedente prospetta un ritiro sulla Metuccia. Qualche malumore serpeggia, non vorremmo abbandonare Giorgio da solo ma non vorremmo nemmeno abbandonare il progetto di Diego. Le nubi sempre più nere contribuiscono a spaccare ancora di più il gruppo e per qualche attimo il destino della giornata sembra segnato. Ci distraiamo dai progetti della giornata per studiare un po’ il panorama che ci si para davanti. Verso Sud-Ovest è sempre importante la presenza del Cavallo e del Forcellone che insieme visti da qui formano un massiccio di tutto rispetto e fascino. Il resto delle Mainarde fino allo scuro Monte Mare sono un’ampia cresta ondulata dove le vette si somigliano l’una con l’altra. A malapena e nemmeno con la carta riusciamo a distinguere le nostre mete principali. Da qui a lato del Forcellone svetta l’Abazia di Cassino e da li il passo alle rimembranze dell’ultima guerra è un attimo. E’ impossibile dimenticare che quel luogo per noi motivo di serenità è stato sessanta anni prima un luogo di aspre battaglie e che quelle rocce sono state bagnate dal sangue della follia dell’ultima guerra. Il rispetto a chi ha sofferto e perso la vita per noi che ora stavamo divertendoci sulle stesse aspre pendenza è d’obbligo. A Nord il territorio è più marcatamente montagnoso. La Metuccia che solo all’occhio sembra lontana ma che verrà raggiunta in meno di mezz’ora si stacca dalla monotonia della cresta e subito dopo il Passo dei Monaci sprofonda in una marcata sella fino alla ripida salita del Monte Meta. Oltre ancora le vere montagne che conducono l’occhio e la fantasia fino al Petroso. Celebriamo la terza sosta spirituale puntualmente andata deserta da riprese e commenti; sono imbarazzato per Diego. Senza indugiare oltre e rimandando le decisioni al dopo prendiamo a scendere verso la Metuccia; un arco di cresta, un costone che sprofonda sulla destra verso la valle sottostante e che ci obbliga ad allontanarci dalla linea di cornice, una anticima facile da raggiungere e poco dopo la vetta della Metuccia. Ci sorprendiamo di quanto sia stato facile raggiungere questa montagna; dal Monte a Mare sembrava tanto lontana. Solo poche foto perché subito nasce una discussione sul come proseguire la giornata. Non sono ancora le undici, il cielo si è un po’ incupito e il buon Oracolo non drammatizza la situazione; prevede pioggia leggera ma dopo le due del pomeriggio. Giorgio rimane della sua idea. Dice di essere stanco e vuole scendere. Da solo e rimarrà in macchina ad aspettarci. Provo timidamente a spronarlo ma memore del grosso sacrificio a cui si è sottoposto pur di esserci gli cedo le chiavi della macchina in segno di resa. Padre Giovanni taglia corto sui rischi dell’acqua che qualcuno di noi prende a pretesto per fermare qui la giornata. In montagna l’acqua fa parte degli accadimenti che possono succedere; non accettarla significa rifiutare il senso del luogo. Ma il capolavoro lo fa Massimiliano che ricorda a Giorgio i suoi propositi a non dover più rinunciare dopo l’esperienza del Centenario. E non solo convincono Giorgio a non abbandonare ma gli danno una carica inaudita visti i propositi di ritiro. Ripartiamo uniti. Tagliamo a mezza costa mantenendo la quota per risparmiare un po’ di dislivelli inutili e sparpagliati a due a due viaggiamo spediti verso Sud. E Giorgio ad ampie falcate davanti a tutti, lontano da tutti ha distanziato tutti con una andatura incomprensibile visti i propositi di pochi minuti prima. Scendiamo e saliamo diversi monotoni dislivelli alla ricerca delle Coste dell’Altare; puntiamo una cresta un po’ più pronunciata pensando alla cima Nord del sottogruppo; ci facciamo anche delle foto convinti di essere già sulla nostra terza meta ma il solito errore di non affidarci alle carte ci sorprende di nuovo. Ce ne accorgiamo quando proseguendo su dislivelli sempre uguali e sempre monotoni e facili da superare dobbiamo aggredire una pendenza più lunga e consistente. In cima c’è un ometto segno che la vetta è importante nello scenario circostante; ma ancora più significativo è che una volta scoperto l’orizzonte fra noi e la mole di Monte Mare si frappone un’altra vetta che si stacca decisamente su tutte le altre, leggermente più bassa di quella che stavamo calpestando. Prendiamo le carte per avere la sicurezza ma le cose vanno a posto da sole. Quella precedente non era una vetta, qualla attuale era Coste dell’Altare e qualla davanti a noi, un po’ lontana e divisa da un dislivello più importante degli altri era il Cappello del Prete. Non drammatizziamo; sono le 12 passate da poco, il cielo tiene e non ci sono segnali di acquazzoni imminenti. Il vento è cessato da tempo e aprofittiamo dell’asciutto manto erboso di cui sono coperte le Coste dell’Altare per improvvisare un ristoratore riposo e bivacco. Mangiamo e Diego conduce la sua quarta riflessione. Anche quasta deserta; e allora comincio a meditare sulla cosa; nemmeno Max, nemmeno il suo amico sacerdote collaborano a dare tono alla giornata. Diego è decisamente da solo. Ricordo l’anno precedente e i contraddittori che l’hanno colorata. Segno che l’iniziativa comincia a dare i primi segni di stanchezza? Non ho il coraggio di parlarne. Nessuno indugia oltre; forse Ale ed Elena preferirebbero terminare qui la giornata ma si fanno prendere dal gruppo che inizia a scendere per andarsi a concuistare l’ultimo traguardo. Lentamente seguendo la cresta e lo stupendo affaccio verso il lago di Castel Volturno ci avviciniamo al Cappello del Prete. In sella ci lascia Don Giovanni che preferisce un salutare riposo all’ennesima sgroppata verso una cima. Raggiungiamo la nostra quarta meta intorno alle 13 e 15. Una sosta breve per immortalarci come al solito e studiare le nuove prospettive della zona. Da qui il Cavallo e dietro il Forcellone sembrano davvero un unico enorme gruppo. Montagne ancora più belle di prima. Alle 13 e venti riprendiamo la definitiva via del ritorno. Seguendo le linee naturali del terreno e puntando la sella sotto il Cavallo, il gruppo in fila indiana si snoda veloce fino a fondo valle. Su questo tratto di sentiero nascono discussioni interessanti. Temi come l’aborto terapeutico e l’eutanasia uniscono e dividono molti di noi ma serrano le fila di una interessante discussione e confronto. Rifletto come temi sociali abbiano unito di più che non i canonici aspetti sulla vita di Gesù. Che possa servire a Diego come spunto per le prossime organizzazioni di questa giornata? Filiamo veloci, forse anche perché presi dalle infervorate discussioni tra Diego e la battagliera Elena ; la sella del Cavallo ci fa ritrovare la neve e mi fa rivivere la salita al monte dell’anno precedente sempre per questa occasione. Lo spigolo nord, spoglio da neve dimostra tutta la sua ruvida verticalità. Ho ricordato le complessità nell’affrontarlo con la neve, non ricordavo quella verticalità e quello spigolo così stretto. Ho tremato e mi sono congratulato per la salita dell’anno precedente. Incoscienza o semplicemente il consueto effetto d’appiattimento dovuto alla distanza? Rimando le osservazioni definitive ad una delle prossime escursioni che ci porterà su Monte Mare, sulla Ferruccia e di ritorno sul Cavallo e sul Forcellone. Giorgio e Luca sono affascinati da questa montagna, nel loro carniere manca. Progettiamo di tornare presto. Sotto la sella del Cavallo un sentiero più marcato ci porta al cospetto delle altane scavate nella roccia dai tedeschi durante la seconda guarra mondiale. Max continua a trovare schegge di bombe di quell’epoca che porge a Giorgio come cimelio da conservare. Non solo montagne si rivelano quei territori ma traccia permanente di un pezzo della nostra storia, quella importante che ci ha fatto diventare ciò che oggi siamo. Arriviamo alle rocce di Fonte Fredda, una fonte perenne di acqua purissima cha va a formare il ruscello che ci accompagnerà fino ai Prati di Mezzo. Quinta sosta per Diego. Quinto ennesima solitaria iniziativa di Diego che non fa scaturire discussione. Chi beve alla fonte, chi ancora mangia e riprendiamo a scendere. Ormai in compagnia costante della voce dell’acqua seguiamo il ruscello e tra distese di prati fioriti, salti di rocce e le coste verticali del Monte Predicopeglia arriviamo ad una altura dove celebriamo l’ultima sosta “obbligatoria” di riflessione. Nemmeno l’argomento degli errori che ognuno si porta dentro compreso il recente scandalo sulla pedofilia che ha coinvolto la chiesa riesce a far nascere un contradditorio. Letture dalla Bibbia, brani tratti dal libro di Padre Rosin e le preghiere intonate da Diego; il rito si ripete e si compie e il gruppo si sciolglie tra baci e abbracci. Sono le 16 e 30. Diego, Max e padre Giovanni proseguono per il loro vecchio campo scuola dove celebreranno una messa in onore di P.Rosin. Noi, tutti gli altri, chi per veri impegni, chi per mancato interesse verso l’ultima iniziativa “facolativa” di Diego prendiamo verso le coste dell’Asino. In mezz’ora siamo alla macchina. La giornata più difficile da organizzare e da gestire è terminata. Divisi come era plausibile tra chi possiede e chi non possiede fede. Una giornata forse complicata da portare avanti per Diego, ma comunque una giornata che ha portato un folto gruppo di amici a spasso nei luoghi dove si è fatta un pezzo di storia. E senza prendere nemmeno uno dei tanto temuti acquazzoni pomeridiani.